1500 

                      L'Avventuroso viaggio di un Pittore attraverso un 

                     grande Secolo di Artisti, Architetti, Papi e Streghe

 

E' uscito il  terzo libro di Carlo La Porta. Un romanzo storico ambientato nel 1500

Questa la Prefazione curata dalla Prof. Olga Cirillo:


All’alba del 1500 nasce Fabriciano da Civitate. Con lui Carlo La Porta trova il suo personaggio; dopo aver dedicato anni alla scrittura di racconti e romanzi nei quali l’amore della storia si fonde con quello dell’arte, finalmente riesce a realizzare la sintesi perfetta dei suoi intenti. Fabriciano sintetizza la semplicità e il fascino segreto del Rinascimento. Partecipa alla storia come un ospite imperfetto; ne vive le pulsioni senza farsene travolgere. Più spettatore che protagonista, anche quando le vicende più inquietanti e violente di un tempo stupefacente, per gli eccessi dello splendore come della rovina, sembrano doverlo catturare, osserva il mondo con una ingenuità e una tenerezza sorprendenti. L’occhio stupito del garzone di bottega non lo lascia mai consentendogli di partecipare a una dimensione in cui si muove al riparo dei suoi affetti. Prima l’esempio e la premura della famiglia, poi un amore appassionato e sincero lo confortano dei rifugi essenziali per un uomo.

I grandi e straordinari protagonisti della storia del Rinascimento si affacciano timidamente sullo sfondo di un romanzo che contende alla storia una dimensione privata: la vita intima del Cellini, i piccoli piaceri di Michelangelo e le prodezze dei Medici si susseguono parallelamente ai racconti di bottega di semplici artigiani. Le città si trasformano, i dominanti si avvicendano alla soglia del potere, i Pontefici si succedono con gli esiti più vari, ma tutto quanto nella vita di Fabro si ammanta di una vaghezza effimera. Al di là di ogni stravolgimento, resta la passione costante per l’arte. Origine e causa di tutto: la pittura. Da qui le prime soddisfazioni, le inquietudini, il sacrificio, l’affermazione, il carcere, la rovina e il trionfo. Pur nella sua semplicità, il protagonista coglie in maniera istintiva i tratti dell’arte più pura e sublime, finendo per diventare vittima dell’ossessione per eccellenza: l’irrisolto della tela, il quadro da cui non riesce a separarsi, incapace di concepirne la compiutezza, la perfezione. Carlo La Porta non nasconde gli elementi autobiografici: Fabro è il suo alter ego, il pittore artigiano d’altri tempi, in cui convivono l’esperienza della perizia artistica e la conoscenza della giustizia, quest’ultima, purtroppo, pervasa di un’amara consapevolezza circa il rapporto aspro e controverso con il quotidiano. Tra le pagine più affascinanti, quelle in cui i materiali e gli strumenti dell’arte rinascimentale vengono narrati con stupore e maestria; la cura del particolare non diventa mai pedante; attenua anzi, la tensione etica talvolta pervasiva. Il desiderio di trasmettere un certo senso della vita, una sorta di mos maiorum, traspare dai passi in cui emergono alcuni aspetti dei rapporti familiari, riflessioni politiche o, ancora, le strategie seduttive esercitate dall’eros e dal potere. Non troppo velato l’attacco alle istituzioni, clericali anzitutto, nel corso del romanzo, in cui gli uomini divengono spesso strumenti inconsapevoli della regìa disincantata e lucida dell’auctoritas, politica e religiosa.

L’animo umano viene esplorato nel suo sgomento, attraverso l’esperienza di Fabro, nei passi in cui il protagonista si trova, suo malgrado, a dover combattere in guerra, definita dall’autore “ la più odiosa e disumana   delle   azioni umane”, e a dover affrontare la dura esperienza della prigione,    anch’essa determinata dall’abuso di potere degli uomini di legge. E proprio contro il potere Fabriciano vince, infine, la sua battaglia: pur essendo tutt’altro che un eroe, rimane coerente con i propri ideali senza lasciarsi domare dalla storia e dal compromesso, nonostante la sua mansuetudine.

 E poiché, come sostiene Carlo La Porta “I libri sono fatti di libri”, in questo semplice ma determinato anti-eroe, intravediamo le tracce di un’alta letteratura:  influssi del romanzo storico e di formazione riemergono dalle letture di un passato che ha ospitato, orgoglioso, Collodi e Melville, D’Arrigo, Hemingway, Marài, e Simenon.

OLGA CIRILLO OTTOBRE 2018



Il Coppo del Principe

Nel 2010 esce edito dalla Soc. Ed. Dante Alighieri "Il Coppo del Principe - sei racconti tra i monti d'Abruzzo" raccolta di sei storie che hanno per filo conduttore l’uomo e la montagna, in particolare i severi monti d’Abruzzo, luogo adottivo dell'autore che dal 2007 ha scelto Pescasseroli, nel cuore del Parco, come sua residenza.

la prima storia: “Breve racconto di montagna” si svolge dall’alba al tramonto in una solitaria giornata sulle nevi d’alta quota.

Ne Il Coppo del Principe”, racconto che da il nome alla raccolta, la descrizione di una battuta di caccia è pretesto per raccontare la storia della nascita del Parco Nazionale.

Viaggio in corriera” si discosta dagli altri racconti descrittivi, per condurci nell’animo e nella mente di un alpino nel dopoguerra.

I Briganti di Forca d’Acero” è una ricostruzione, sebbene fantasiosa, ma dagli accurati riferimenti storici, del brigantaggio in Abruzzo nel 1862.

Con “La Guida” la montagna e la neve tornano ad essere il drammatico scenario di un’avventura umana.

Chiude il libro “Il risveglio” brevissimo racconto, leggero ma sorprendente, in cui la natura è protagonista.

Con questo suo primo lavoro l'autore si vede assegnare il Premio Speciale "FUTURO REMOTO 2012" per il racconto "Il Risveglio". Il Premio è assegnato da una Giuria composta dalla Presidentessa del Premio Maria Pia Graziani dal Commissario del Parco Nazionale D'Abruzzo e dalla scrittrice Dacia Maraini.


Un uomo solo e la sua montagna. Nessuna informazione di carattere biografico: di lui non si conosce né nome né età; si sa solo che ha un figlio, oramai adulto, che vive in una città lontana. Nessuna informazione di carattere geografico sulla località montana dove l’uomo vive in solitudine oramai da anni.

Un uomo solo e la sua montagna sono l’unico tema del Breve Racconto di Montagna scritto da Carlo Ferruccio La Porta, “Puccio” per gli amici. Il racconto coglie il pretesto di una escursione in inverno inoltrato, con sci e pelli di foca, per raccontare sensazioni che solo un amante della montagna è in grado di provare. Da esperto montanaro, l’autore descrive con precisione e dovizia di particolari quelle situazioni, brutte e belle, in cui ogni frequentatore della montagna si è prima o poi imbattuto. Chi lo conosce bene, lo identifica subito nel protagonista: nei suoi gesti, nei suoi pensieri, persino nei suoi convincimenti morali e religiosi; così come riconosce nei luoghi che egli ama e frequenta, lo scenario che fa da cornice al racconto. Un amore per la montagna viscerale, nato quando era ancora bambino; un amore appassionato non senza contraddizioni: sul comportamento rispettoso prevale a volte il desiderio, irrefrenabile, di raggiungere comunque l’obiettivo prefissato; probabilmente una sfida più con se stesso che nei confronti di una natura aspra e ostile.

Caratterizzate da uno stile con frequenti incisi, le pagine del racconto hanno il sapore delle pagine di un diario, in cui emergono sentimenti nei confronti della montagna e della sua natura incontaminata, ma anche ricordi personali, affettivi, intimi.

La copia di cui mi ha fatto dono, l’ho riposta, dopo letta, vicina ad altri scritti di montagna, tra cui veri “testi sacri”, nella mia casa, poco distante dalla sua, nella località che entrambi amiamo; quello sarà il suo posto.

M.V.

Carlo La Porta racconta la natura ne ‘Il Coppo del Principe’

di Maria Rosaria De Simone

È da poco uscito il libro “Il Coppo del Principe”, dell’avvocato romano Carlo La Porta, edito dalla Società Dante Alighieri Editore. L’autore è al suo primo libro, ma è conosciuto come pittore e come tale è molto stimato. Bello il titolo. Bella la grafica della copertina. Sei racconti, tutti ambientati in montagna, con personaggi e vicende che hanno, come sfondo, periodi diversi. Sei racconti tutti molto maschili. Una letteratura agli antipodi della nuova letteratura tutta al femminile che sta emergendo. Non aspettatevi storie d’amore e non aspettatevi nemmeno volti femminili tra i personaggi, tranne un delicato accenno ad una donna che attende il suo alpino dalla guerra. Non aspettatevi che l’autore indugi sulla bellezza della natura, attraverso aggettivazioni forzate, contemplazioni estatiche, ricche di descrizioni minuziose. Quello che troverete, invece, sarà un intenso rapporto uomo natura, in cui i pensieri, i sogni, i desideri camminano tra sentieri carichi di neve, in mattini ed albe umide. Aspettatevi di sentire, mentre leggerete, l’umido entrarvi nelle ossa, il freddo pungente sul volto, le mani gelate, un timido sole a rinfrancarvi. I racconti non sono brevissimi. Circa 30-40 pagine ognuno. E conducono in una dimensione del tempo così lontana da quella a cui siamo abituati in città, veloce, incalzante, forse stressante.I racconti infatti inducono a leggere a passo di falcata. Seguono il passo del guardiacaccia, della guida, del conducente di corriera, dell’alpino, degli animali nel bosco. Un passo ritmato, a volte lento ma continuo, dove la storia si svela pian piano e non nella direzione che noi lettori ci aspetteremmo. Ci sono infatti dei colpi di scena a rendere la storia interessante. A me è parso che l’autore, nei suoi racconti, la natura la dipingesse, pennellata dopo pennellata, tra albe e tramonti, spezzando con macchie di colore il biancore della neve e la solitudine dei luoghi.  E in effetti lui, dipinge davvero quadri molto apprezzati e quotati. E i personaggi, in questa enorme tela, grande come la natura dei luoghi, camminano, conversano con la propria anima. E la ascoltano questa anima. E ascoltano anche la natura intorno, bella sì, ma insidiosa e pericolosa. La ascoltano e trovano la maniera per conviverci e divenirne amici. Una grande storia d’amore dunque, quella del libro, tra l’uomo e la natura del Parco Nazionale d’Abruzzo. L’ultimo racconto, “Il risveglio” ha ricevuto il premio speciale “Futuro remoto” e la Presidentessa della giuria esaminatrice è stata la scrittrice Dacia Maraini. Ed é il racconto che più mi piace, per la sua originalità, per la storia, che pensi di leggere una cosa ed invece, alla fine scopri che arrivi a tutt’altro. Il racconto in questione si libera delle maglie di una sintassi e di una punteggiatura perfetta. Insomma, lascia un poco l’ordinato campo grammaticale, ma solo un poco, per correre senza freni tra i boschi. Quando leggerete, capirete cosa intendo.


I Racconti del Granchio

 

I Racconti del Granchio esce nel 2014.

I Racconti del Granchio, un libro che racchiude quattro storie assolutamente diverse tra loro, che descrivono luoghi e situazioni che sembrano non avere alcun legame in comune, dalla solitudine di una spiaggia, sotto un implacabile sole tropicale, alle stanze dell’Hotel Plaza, nella frenetica vita di New York, attraverso le debolezze e le umane avventure dei protagonisti, i quattro episodi vanno a comporre un domino che li lega fino a creare una storia unica e sorprendente.


Nell'introduzione di questo secondo libro l'autore così descrive il proprio lavoro:

"Scrivere è un po’ come comporre una canzone. Il musicista ha sette note a disposizione per creare un armonia e dall’armonia una canzone che, per quanto sia assolutamente originale, non potrà non subire l’influenza di tutta la musica del passato. Così quella nuova canzone risentirà degli influssi dei classici, dell’opera, del folk, del blues, del jazz, del rock, insomma di tutto il bagaglio musicale che l’autore porta con sé, nella propria memoria.

Lo stesso accade allo scrittore, quando crea un racconto o un romanzo non può non attingere volontariamente o involontariamente alla propria memoria letteraria, alla propria cultura, al proprio passato. Ciò vale, ritengo, per il più modesto, piccolo scrittore, come per il più grande degli autori.

Anche in questi miei racconti, scrivendo e poi rileggendoli, ho ritrovato evidenti e tangibili gli influssi delle letture del mio passato, giovanili o mature che fossero, dal Pinocchio di Collodi a Melville, all’orca epica e mitologica di D’Arrigo, dai dialoghi interminabili di Hemingway alle introspezioni di Marài, alla finezza di Simenon.

Per questo sono solito affermare, che i libri sono fatti di libri.

Invito il lettore dei miei racconti, oltre naturalmente a seguire le vicende e ciò che descrivo, a dedicarsi se vorrà a questa sorta di gioco della memoria, divertendosi a ricercare tra le righe del racconto i libri del suo passato.

Ho descritto questo mio libro come un “domino” di racconti, che compongono una storia, per questo chiedo al lettore di avere la pazienza di leggerli nel loro preciso ordine, proprio come fossero le tessere di un domino, l’una concatenata all’altra".